Max Weber non ha mai elaborato una teoria compiuta della rivoluzione politica. Eppure, la sua opera è disseminata di richiami a rivoluzionari: fanatici religiosi, idealisti irriducibili, anarcoinsurrezionalisti, capi popolo di successo. Figure che si contrappongono al mondo con la violenza, per realizzare la giustizia in terra o testimoniare i propri principi. Sebbene discontinua, la riflessione weberiana sulla soggettività rivoluzionaria interroga, articolandoli in maniera inedita, i rapporti tra politica, etica e violenza. Tracciando affreschi lucidi e avvincenti dei percorsi soggettivi all'origine di un atteggiamento di rivoluzione del mondo. E offrendo del suo autore un ritratto inconsueto, in parziale contrasto con la celebre rappresentazione del borghese con coscienza di classe.